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29

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2016

Recensione METAL CHURCH - "XI"

METAL CHURCH

XI

Nuclear Blast Records

Release date: 25 Marzo 2016      

         

 

 

A volte, fare la cosa più semplice, diventa l'impresa più ardua, perché la semplicità è la dote del genio e perché, allo stesso tempo, la confondiamo con la banalità. Da questo assioma ne deriva che, sovente, si bolla come già sentito o sorpassato qualcosa che, invece, risulta semplicemente cristallino e naturale, come l'ultimo lavoro dei gloriosi e sempre troppo sottovalutati Metal Church, 'XI'.

  

 

Trascorsi ben 17 anni dalla loro reunion del 1999, la band di San Francisco, tra le fondatrici del power metal US, ha sfornato alcuni dischi di buon livello (non ci si dimentica il mestiere.....anche se Dario Argento l'ha fatto!) ma è con  questa release che ritrova la sua forma migliore, con un album che si apre con la fulminea e gloriosamente lacerante 'Reset' (un nome che parla chiaro) e continua con pezzi splendidi come 'No Tomorrow' o le struggenti e dal forte sapore mistico (tratto fondamentale della band, il quale influenzerà pesantemente i Sancturary ed i Nevermore) 'Signal Path' e 'Sky Falls In' (una delle gemme dell'album), dove le chitarre di Vanderhoof e Van Zandt spingono con il suono di una Pontiac Trans-Am rimessa a nuovo e tagliano come lame di ninjato, mentre l'aspra, penetrante ugola salmodiante di Mike Howe tesse litanie di arcani scenari di deserti all'alba del tempo e notti che scendono sui territori dei ricordi senza pace. Unger scandisce e scatta sulle note basse, supportando egregiamente il lavoro che appare tanto lineare quanto, in realtà, certosino ed elaborato, dell'ottimo Jeff Plate (ex-Savatage), sempre nel mood del pezzo, che si tratti di partire in maniera fulminea attraverso le badlands di 'Soul Eating Machine' oppure di andare a passo d'uomo, per seguire le impronti di fantasmi sulla sabbia rischiarata dalla luna di una track come 'Shadow'.

  

 

Tutti questi tratti potrebbero far pensare ad un album vintage, costruito per nostalgici del '80s, vista anche la produzione, potente ma non esageratamente ricolma di bassi, più incentrata sui medio-alti e su di una ricerca della melodia affilata.....ma non lasciatevi ingannare. I Metal Church non parlano solo alla gente che li ha visti nascere: parlano a tutti ma nella loro lingua, offrendo, quindi, la più difficile delle cose: la semplicità. 'Suffer Fools', il brano conclusivo, ne è un esempio: tradizione (di cui loro sono i fondatori) non rimessa in piedi per nostalgia, per furbizia o perché non si sa fare altro, ma perché questa è la loro lingua metal, che parla di mondi eterni che rispecchiano l'animo umano, anche in questi travagliati ed apocalittici anni (perché sono anni apocalittici, signori), e come ogni lingua ha delle sue regole da rispettare, una sua personalità....che sa però evolversi senza snaturarsi. Se ascoltate bene, la composizione ed il suono sono sì fedeli alla natura US Power, ma risultano naturali, fluidi, assolutamente non stridenti con i nostri tempi. Appaiono diversi, come lo sono gli splendidi assoli di Kurt Vanderhoof (e, ricordiamocelo, che metal significa anche grandi chitarre soliste e non solo riffoni monolitici), ma non anacronistici, a ricordarci che la vera musica metal, come tutta la musica e l'arte, è 'timeless', senza tempo e che questa Trans-Am del 1981 ha subito il giusto livello di upgrade, ma il suo rombo è sempre unico ed inconfondibile, quando attraversa le oscure badlands.

 

 

Andrea Evolti

  

 

Tracklist:

01. Reset

02. Killing Your Time

03. No Tomorrow

04. Signal Path

05. Sky Falls In

06. Needle & Suture

07. Shadow

08. Blow Your Mind

09. Soul Eating Machine

10. It Waits

11. Suffer Fools

  

 

Line-up:

Kurdt Vanderhoof - Guitars

Mike Howe -  Vocals

Steve Unger - Bass

Jeff Plate - Drums

Rick Van Zandt - Guitars

 

Link: 

metalchurchofficial.com

twitter.com/metalchurchis1