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ven

04

set

2015

Recensione IRON MAIDEN - The Book of Souls

IRON MAIDEN

The Book of Souls

Parlophone Records

Data Pubblicazione: 4 Settembre 2015





Stavolta ci siamo! Sì, qui lo dico e lo ribadisco: gli Iron Maiden (avete presente, quel gruppettino inglese con il bassista patito di calcio, il batterista pugile, il cantante insegnante che fa anche lo schermitore ed il pilota di aerei….ok, la smetto) sono tornati a fare gli Iron Maiden, dopo 3 dischi (a partire da ‘Dance of Death’) che definire pietosi sarebbe poco, nonostante la loro forma live sia rimasta intatta e cristallina, cosa che faceva ulteriormente inferocire tutti i metalheads del mondo, non solo i die-hard fan. Chiariamo una cosa, però: ‘The Book of Souls’ (qui recensito nella versione doppio-CD), nonostante le voci che precedevano il suo avvento, definendolo un capolavoro, non eguaglia i grandissimi lavori degli IM, quali ‘The Number….’ O ‘Powerslave’, ma ci riconsegna una formazione in gran forma compositiva ed 11 brani ‘Maiden al 100%’ e di alta fattura.



Sin dall’opener ‘If Eternità Should Fail’ o il singolo ‘Speed of Light’ si nota subito il ritorno della freschezza compositiva Maiden, soprattutto nelle chitarre del trio Murray/Smith/Gers, più presenti ed articolate che nei tre dischi passati, anche dal punto di vista della produzione ed il basso di Harris non più così predominante…e non solo il basso. Come si evince, infatti, dall’ascolto delle track ‘The Red and The Black’ (sia lode a Dickinson per gli splendidi riferimenti letterari nelle sue lyric) e ‘Shadows of the Valley’, l’influenza hard-rock che aveva soffocato l’energia NWOBHM dei 3 dischi precedenti, è stata mitigata, senza per questo sparire, ma portando nuova linfa e freschezza alla band albionica, grazie anche alla maiuscola prova di Nicko McBrain dietro le pelli e le gemme soliste delle tre asce, in grado di donare assoli belli, articolati e di grande gusto melodico, come non avveniva da tempo. Per tutto il disco si respira quell’aria solenne ed epica che pesca da ‘Pieces of Mind’ e ‘Somewhere in Time’, con anche un centellinato ma pertinente apporto di tastiere e campionamenti orchestrali, più l’inteligente idea di mettere come punto di partenza per questo futuro ‘Brave New World’, l’ultimo vero disco (prima di questo) degli Iron Maiden.


Soprattutto, torna la magniloquenza teatrale dei brani più articolati e strutturati, come la struggente ‘Tears of a Clown’ oppure l’inno del bardo che è la conclusiva e splendida ‘Empire of the Clouds’ tra i pezzi migliori di questo lavoro. Qui, però, bisogna levarsi il cappello davanti alla colonna artistica portante di questa rinascita, vale a dire sir Bruce Dickinson (non è baronetto, lo so….ma se lo meriterebbe come titolo), assolutamente fantastico, epico, in strepitosa forma dopo la malattia battuta ed in stato di grazia artistico ed interpretativo, cantastorie, condottiero delle gesta epico-tragiche del genere umano in questo Medioevo 3.0 che stiamo vivendo. Proprio nelle due ultime canzoni citate, il singer inglese da sfoggio di tutta la sua anima e bravura, evocando, narrando, sussurrando e poi partendo all’assalto con la sua voce che sa di eternità e di immagini che sembrerebbero create da William Blake. Sempre in quest’ultima track si concretizza quell’equilibrio artistico che i Maiden avevano da tempo smarrito e che ora hanno ritrovato, scrivendo una nuova stupenda suite, stavolta in grado di reggere il paragone con ‘Alexander the Great’ o ‘The Rhyme of Ancient Mariner’, per personalità, fantasia e coinvolgimento emotivo. Certo, non tutto è perfetto e non si può essere eccessivamente larghi con i voti (sono i Maiden, sono il meglio e da loro si deve pretendere il meglio), dato che, ancora una volta il sound è molto buono ma ancora leggermente debole nelle ritmiche di chitarre, per una band che vive nel 2015 e che deve sempre essere l’avanguardia creativa.


Ancora una volta, alcuni brani o passaggi soffrono di una leggera sindrome di ripetitività del classico stile Iron; verrebbe da domandarsi perché non far sentire ancora di più la presenza di 3 chitarre in sede di registrazione, non solo con la potenza, ma anche con gli intrecci. Però la strada è quella giusta e se ci sono brani come ‘Empire of the Clouds’, non possiamo che gioire, nel sentire i Maiden così in forma dopo molto tempo, con un bel disco, fresco, ispirato, che può scolpire sogni nelle nostre menti e nei nostri spiriti, quello che è il compito dei bardi. Nasce una nuova era, da oggi e sono i bardi del passato che tracciano la strada verso le fitte foreste del Medioevo presente, verso il futuro Rinascimento….mi viene proprio da urlare ai sei albionici, ‘O capitano, mio capitano’ (anche se è di Whitman, che era americano), pronto a seguirli verso il futuro. Bentornati, davvero!



Andrea Evolti



Tracklist:

Disc 1

1. If Eternity Should Fail

2. Speed of Light

3. The Great Unknown

4. The Red and the Black

5. When the River Runs Deep

6. The Book of Souls

 

Disc 2

1. Death or Glory

2. Shadows of the Valley

3. Tears of a Clown

4. The Man of Sorrows

5.Empire of the Clouds

 

Line-up:

Bruce Dickinson - Vocals, Piano (track 11)

Steve Harris - Bass, Keyboards

Dave Murray - Guitars

Adrian Smith - Guitars

Janick Gers - Guitars

Nicko McBrain -Drums


Link: 

www.ironmaiden.com

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